10
Mag

Ahmed nel reparto neonati

Ahmed nel reparto neonati

Oggi ho accompagnato Ahmed a fare acquisti nel reparto neonati di un grande magazzino.

A luglio nasce suo nipote, il suo primo nipote e vuole inviare in Egitto, alla sua famiglia, tanti regali.

Non c’è, a prima vista, nulla di anomalo se non fosse che si parla di un ragazzo di 17 anni al suo primo stipendio e che invece di comprare per se pensa solo alla sua famiglia in Egitto.

Ha un contratto come aiuto cuoco, lavora con impegno e sacrificio ed è felice perché con i soldi assicura una vita più degna a tutte le persone lasciate in Egitto

Ahmed è un adolescente ( così si dice dalle nostre parti) con il vestito da uomo, ha le mie stesse preoccupazioni, i miei stessi pensieri,  le mie stesse responsabilità di padre, con un unica differenza io ho 45 anni.

Giovani uomini in terra straniera, loro malgrado uomini troppo presto.

Hanno da insegnarci questi ragazzi, testimoni del sacrificio come senso non solo del dovere ma della possibilità di essere felici, di sentirsi realizzati.Felici di vedere felici i loro cari.

Sembrava scontato qualche tempo fa. Adesso ognuno vive per se, il mondo finisce con noi stessi, la felicità corrisponde alla narcisistica soddisfazione di tutti i nostri desideri.

Abbiano smarrito la strada  della nostra felicità e ( i tanti ) Ahmed  venuti da terre lontane ci aiutano a ritrovarla.

Ma lo sappiamo non c’è peggior sordo per chi non vuol sentire.

16
Mar

Le mani di B.

Quelle che vedete sono le foto delle mani di B.
E’ un ragazzotto, appena diciottenne, egiziano che ho conosciuto in Casa famiglia nei suoi ultimi mesi di comunità. Un ragazzo come tanti, con tanta voglia di vivere, desiderio di fare, cercare ragazze e sopratutto lavorare. Un ragazzo come tanti eppure così diverso dai ragazzi italiani della sua età.

E’ venuto in Italia per questo: lavorare. In Casa famiglia è andato a scuola, ha cercato di imparare più in fretta possibile l’italiano, si è dato da fare  per imparare ad essere autonomo e gestire le faccende quotidiane.

Una notte di dicembre, fredda e stellata come solo le notti invernali sanno essere, l’ho intravisto da solo che guardava il cielo e mi sono fermato con lui a guardare le stelle. Mi ha raccontato i suoi sogni e le paure che aveva di affrontare il mondo. Era contento di poter guadagnare e mandare i soldi a casa, aiutare tutta la sua famiglia. Mi ha colpito la sicurezza di un destino preordinato, confezionato, già determinato, il suo futuro imminente sarebbe stato quello di operaio generico in un ingrosso di frutta.

le_mani

Si sentiva molto fortunato perché rispetto ad altri ragazzi egiziani aveva un progetto chiaro e definito. Si sentiva fortunato … diceva ma i suoi occhi mentre parlava erano lucidi. Perché dentro quel binario, sui cui già viaggiava, non vi era posto per nient’altro. Tutto escluso, la voglia di continuare a giocare, suonare uno strumento, studiare una materia che tanto gli piaceva, curiosare nel mondo, camminare in montagna, amare e condividere cieli azzurri con una giovane donna, leggere un libro e conoscere tanti altri ragazzi.

L’altro giorno è tornato per i suoi documenti e mi ha offerto un caffè al bar orgoglioso del suo stipendio. Sorrideva meno, aveva gli occhi stanchi e le mani logorate di chi lavora tutti i giorni 14 ore al giorno a scaricare mele, banane e altro. Ma più che le mani, logorati erano quei sogni che fino a qualche settimana prima, velatamente, coltivava in cuor suo.

Cambierà pure la società, le figure professionali, i contratti di lavoro, le aziende ma ogni uomo nel lavoro continua a cercare la sua identità e la sua dignità. L’abuso di potere nel mondo del lavoro esiste da sempre e anche oggi si perpetua sui poveri, sugli ultimi, sui disgraziati, sui senza speranza.

Non c’è strategia di marketing che possa essere vincente senza il cuore, la fantasia, la passione, la volontà di un uomo, oggi più di ieri bisogna gridarlo!

“per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti…”

F. De Andrè