18
Mag

Il coordinatore lo sa

 

Gioia di Tommaso Primo.

Le relazioni, i silenzi, gli umori di una Equipe sono sempre in movimento. Ci sono fasi che sembrano ripetersi ma sono tutte differenti. Ogni educatore porta un pezzo della sua storia e la mischia, quasi senza accorgersene, insieme a quella degli altri. Il risultato è un vissuto carico, pieno di energia e di sentimenti, che se non ha una direzione esplode.

La partenza di un buon coordinatore è la certezza che dentro il cuore di ogni collega ci sono così tanti talenti, alcuni già scoperti e molti altri ancora da scovare, da diventare un vero e proprio archeologo. Cerca le tracce di quello che vede di buono, le segue come un segugio, aspetta il momento giusto.

E’ il primo a dare fiducia. Rischia per primo.

Il coordinatore si mette in gioco, ha chiara la direzione ma prima di partire ascolta ognuno come un confessore attento, legge negli occhi tutto quello che non è detto, segue il suo istinto e gli indizi come un investigatore per capire quali sono le ambizioni di ognuno.

Il coordinatore imparare ad essere un vero ingegnere perché l’esperienza gli consiglierà come costruire i ponti per unire le divisioni, sostenere i contrasti, e quando proprio non ci riuscirà saprà che dopo essersi incazzato ci sarà il tempo per ricominciare e ripartire.

Deve sentire come soffiano gli umori, imparare a navigare come un marinaio esperto che sa quando cazzare o lascare le vele, spingere e motivare il gruppo sapendo che deve curare una relazione esclusiva con ognuno.

Chi gestisce una equipe sa che non è solo un lavoro ma è soprattutto una scelta, quella di scegliere di appartenere ad uno stile educativo che consapevolmente si condivide. Sa che una equipe ti chiede sempre di uscire da te stesso, a volte ti forza ed è proprio una gran fatica. Scopre, insieme agli altri, se a quel lavoro è vocato.

Un coordinatore sa che non è mai arrivato, quando è felice dopo una bella giornata sa che anche l’indomani deve continuare a conquistarsi ancora il suo pezzo di fiducia.

Un coordinatore lo sa. Sa cos’è la gioia.

 

10
Mag

Ahmed nel reparto neonati

Ahmed nel reparto neonati

Oggi ho accompagnato Ahmed a fare acquisti nel reparto neonati di un grande magazzino.

A luglio nasce suo nipote, il suo primo nipote e vuole inviare in Egitto, alla sua famiglia, tanti regali.

Non c’è, a prima vista, nulla di anomalo se non fosse che si parla di un ragazzo di 17 anni al suo primo stipendio e che invece di comprare per se pensa solo alla sua famiglia in Egitto.

Ha un contratto come aiuto cuoco, lavora con impegno e sacrificio ed è felice perché con i soldi assicura una vita più degna a tutte le persone lasciate in Egitto

Ahmed è un adolescente ( così si dice dalle nostre parti) con il vestito da uomo, ha le mie stesse preoccupazioni, i miei stessi pensieri,  le mie stesse responsabilità di padre, con un unica differenza io ho 45 anni.

Giovani uomini in terra straniera, loro malgrado uomini troppo presto.

Hanno da insegnarci questi ragazzi, testimoni del sacrificio come senso non solo del dovere ma della possibilità di essere felici, di sentirsi realizzati.Felici di vedere felici i loro cari.

Sembrava scontato qualche tempo fa. Adesso ognuno vive per se, il mondo finisce con noi stessi, la felicità corrisponde alla narcisistica soddisfazione di tutti i nostri desideri.

Abbiano smarrito la strada  della nostra felicità e ( i tanti ) Ahmed  venuti da terre lontane ci aiutano a ritrovarla.

Ma lo sappiamo non c’è peggior sordo per chi non vuol sentire.